“Non nobis Domine”: sessant’anni di fede
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“Non nobis Domine”: sessant’anni di fede
ricognizione ufficiale che portò al ritrovamento, al momento dell’apertura
della cassa, di una pergamena del secolo XI che attestava essere quello
effettivamente il corpo.
Nel 1630 Marco Zen, vescovo di Torcello, e Cornelia Pesaro, badessa del
monastero di San Giovanni, decisero di restaurare l’altare dedicato alla
Santa. Le reliquie restarono nello stesso monastero per otto secoli, fino a
quando, a seguito della sua soppressione da parte di Napoleone I (1 luglio
1806), i resti della Santa, con quelli di un non identificato san Sisinnio
vescovo, furono trasportati nella chiesa presbiteriale di S. Martino a Burano,
il 10 marzo 1811. In un secondo momento, il 4 dicembre 1926, le sue
spoglie furono traslate processionalmente dalla chiesa parrocchiale di
Burano alla sacrestia del suo oratorio. Grazie ad un successivo intervento di
Pio XII, Santa Barbara venne confermata patrona della città, e il patriarca
Giuseppe Roncalli, poi papa Giovanni XXIII, la annoverò tra i sette patroni
di Venezia.
I resti che si trovano nell’oratorio di S. Martino vescovo, a Burano, sono
stati oggetto di una ricognizione da parte dei professori C.Corrain e
M.Capitanio del Dipartimento di biologia dell’Università di Padova. La
relazione attesta la presenza di un cranio completo di mandibola priva di
denti, salvo qualcuno visibile nell’arcata inferiore; un frammento di atlante
e tre altre vertebre cervicali; otto vertebre dorsali e due lombari; un sacro
incompleto; un osso coxale sinistro; una scapola destra; omero sinistro;
un’ulna sinistra e un calcagno sinistro. Il tutto viene attribuito ad una
giovane donna di corporatura robusta e di 159 cm di statura.